ProjectsGruppo Vergero Headquarters

È solo una questione di sguardi,niente è rifiuto o materiale utilizzabile, niente è bello o brutto, dipende solo da come lo si guarda. Il Novecento ha avuto un legame forte tra l’idea del bello e quello che era stato il suo contrario, una cosa che non aveva più ragione d’esistere, dunque un rifiuto.

Boccioni ha utilizzato diversi materiali, legno, ferro, rame, cartone, indispensabili a veicolare la poetica del dinamismo ed espansione nello spazio. Picasso ha prodotto sculture unendo forme diverse che sorprendono per ironia e forza espressiva, l’opera Testa di toro costruita con il manubrio e la sella di una vecchia bicicletta, è un esempio. Marcel Duchamp ha realizzato opere usando l’oggetto in sé e oggetti assemblati per creare i ready-made. Mettere insieme gli scarti della vita quotidiana della società dei consumi, riciclare e riutilizzare oggetti dismessi o in disuso, aggregare e accumulare frammenti di schegge sono le modalità che accomunano molti artisti.

L’artista attiva un riscatto della materia: quello che prima era considerato scarto, rifiuto o immondizia viene recuperato ed elevato a opera d’arte. Attraverso il processo generativo dell’arte regala nuova vita a materiali e oggetti altrimenti destinati, non solo ad essere buttati, ma ad inquinare terreni e acque.

Data 2021

Stato Concorso, Menzione d’Onore

Luogo Torino, Italia

Categoria Direzionale

C’è un’arte nel realizzare il riciclo, dunque si può parlare di riciclo come forma d’arte, opportunità di cercare il bello anche nell’apparente brutto. Rifiuti di ogni genere e materiali variacquistano una nuova immagine, una nuova vita. Un materiale si può leggere, si può classificare, differenziare, separare, suddividere, può dialogare con altri materiali integrandosi per creare forme nuove e nuovi racconti in un processo di metamorfosi continua.

Un materiale di scarto ha un aspetto che può essere brutto, può essere un frammento, può essere lacerato, ma le sue proprietà producono emozioni. Se guardiamo ai cicli biologici, alla vita, ci accorgiamo che nulla è scarto. Tutto, come l’energia e la materia, si trasforma, acquista nuovo valore, nuova identità. L’alchimia del riciclo fa dello scarto una palestra per l’ingegno.

Un materiale si può leggere, si può classificare, differenziare, separare, suddividere, può dialogare con altri materiali integrandosi per creare forme nuove e nuovi racconti in un processo di metamorfosi continua.

L’area di intervento è delimitata sul fronte Nord dalla Tangenziale Nord di Torino e sul fronte Sud da Corso Cuneo, una strada carrabile dedicata all’accessibilità delle sedi industriali che caratterizzano la zona. L’intervento riguardatre zone funzionalmente distinteil capannone industriale, adibito ad attività di selezione e recupero di rifiuti, la base logistica, dedicata al posizionamento di cassoni e compattatori, a servizio dei mezzi carrabili pesanti, e il nuovo edificio che costituisce il fulcro del complesso in quanto dedicato alla sede amministrativa dell’Azienda, ma soprattutto l’occasione per valorizzare l’intera area di proprietà Vergero.

La proposta progettuale nasce come risposta a quelle che si ritengono essere le principali esigenze dell’aziendain funzione della propria specificità in ambito industriale e alla sua localizzazione: una soluzione fortemente caratterizzata nel linguaggio architettonico, che trova nella qualità degli spazi, interni ed esterni, e nel loro reciproco rapporto, la propria forza. Un organismo autonomo rispetto al contesto in cui si inserisce, manifesto nel confrontarsi con l’esterno, ma introverso nello svolgimento della vita al suo interno.

Gli aspetti determinanti per la genesi del progetto sono:

La necessità di creare una schermatura rispetto alla Tangenziale, che rappresentasse una separazione fisica, acustica e visiva tra la strada e lo spazio dedicato agli Uffici: lo spazio interno, che si arretra al massimo rispetto alla strada e lo spazio esterno, che vuole essere la continuazione del primo e garantire un adeguato comfort ai suoi abitanti.

L’omogeneità architettonica dell’intervento, per unificare, attraverso unlinguaggio comune, l’intero complesso, funzionalmente costituito da più ‘parti’.

La riconoscibilità dell’intervento, che intende rappresentare l’identità dall’Azienda, la sua rilevanza nel settore in cui opera e l’aspetto di innovazione che rappresenta in termini di processi produttivi.

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L’involucro dell’edificio, che si estende oltre lo stesso, andando a caratterizzare l’intera area di intervento, è costituito da un’orditura realizzata conelementi cilindrici in plastica riciclata, che sono in parte cavi, in parte riempiti da materiali di recupero compattati, quali lattine di alluminio e bottiglie di plastica, interclusi fra due schermi trasparenti. Con la sua alternanza di pieni e di vuoti, modulata in funzione dei fronti, dell’esposizione e affaccio degli stessi, l’involucro contribuisce a creare la chiusura verso il fronte stradale ma al contempo trasparenza dove si cerca la comunicazione visiva tra gli spazi.

A dare forma all’edificio vero e proprio sono dunque le condizioni al contorno: la sua collocazione a ridosso di una strada a scorrimento veloce e la diretta prossimità a fabbricati di altra natura, primo fra tutti il capannone in fase di realizzazione, per cui si richiede un’opera di mascheramento. L’elemento generatore è rappresentato dalla superficie, ad andamento curvilineo e forma convessa, che scherma dalla Tangenziale i lotti interessati e attraversa tutta l’area, andando a nascondere il capannone rispetto alla vista dalla strada. In corrispondenza del lotto 3, alla prima superficie se ne aggiungono altre due: ad andamento curvilineo e forma concava, della stessa materia della prima, che, nel tendere ad essa senza mai toccarla, creano percorsi, spazi e volumi.

Pallocchi grigi
Involucro edilizio e comunicazione del brand

La posizione eccezionale dell’intervento lungo la tangenziale richiede una forma unitaria in grado di interagire con la dimensione dinamica del traffico in movimento ma al tempo stesso consente di catturare l’attenzione del potenziale fruitore per trasmettere gli obiettivi di rappresentanza e di identità del Gruppo Vergero.

Il progetto si propone di divulgare l’attività dell’Azienda – specializzata nella raccolta, nella selezione e nel recupero dei rifiuti – e il suo impegno nell’ambito dei servizi ambientali attraverso un involucro architettonico in cui il messaggio comunicativo diventa il carattere dell’edificio stesso. La pelle dell’edificio è costituita dall’assemblaggio di prodotti di scarto (materiale plastico e alluminio) derivati da diversi settori produttivi di cui si occupa il Gruppo consentendo all’edificio di diventare un edificio-prodotto.

Tutto, come l’energia e la materia, si trasforma, acquista nuovo valore, nuova identità.

Anche il logo e l’intestazione societaria diventano segni tipografici sulla superficie architettonica consentendo così all’involucro di trasformarsi in un progetto grafico come ulteriore elemento di riconoscibilità del Gruppo Vergero.
La facciata architettonica è un rimando di quanto avviene all’interno e diventa a tutti gli effetti supporto per la comunicazione della brand identity, biglietto da visita tridimensionale in grado di propagare la sua immagine oltre lo spazio che la circonda.

Vegetazione e Architettura

Il progetto paesaggistico si è sviluppato in maniera congiunta con quello dell’edificio, come dovrebbe essere. Le linee morbide dell’architettura vengono attraversate da quelle del sistema della vegetazione, che da corso Cuneo conducono fin dentro il volume arrivando a definire le spazialità racchiuse tra le “membrane”. Gli alberi previsti hanno due scale di grandezza per rimandare a quel rapporto che si determina tra le grandi chiome e le persone che vi passano al di sotto o sotto cui sostano, e a quello invece che si vive con i piccoli alberi, in cui il rapporto percettivo con la chioma è più prossimo. Gli alberi alti previsti sono aceri (Acer campestre) e carpini (Carpinus betulus) mentre quelli più piccoli sono meli da fiore (Malus floribunda).

Le linee delle siepi, trasversali alla strada, sono realizzate con piante prevalentemente sempreverdi, i crespini comuni (Berberis vulgaris), gli agrifogli (Ilex aquifolium) e i bossi (Buxus sempervirens), a cui si aggiungono gli evonimi (Euonymus europaea) come specie decidua. Quindi ad una prevalenza dispecie sempreverdi per le siepi, si associano gli alberi che raccontano lo scorrere delle stagioni con le vistose fioriture dei meli in primavera, il loro viraggio autunnale insieme a quello dei carpini e degli aceri.

Altri elementi del paesaggio superano i limiti determinati dalle membrane. La grandevasca d’acqua, ad esempio, dalla corte arriva in prossimità del canale vicino alla strada, riflettendo e duplicando la superficie della membrana stessa. Nello stesso modo le superfici di erbacee perenni e bulbose, con la liriope (Liriope muscari) e l’iris (Iris japonica), seguendo le linee sinuose disegnate dall’architettura, articolano lo spazio di collegamento tra interno ed esterno.

Qui si trovano gruppi di cespugli di rose (Rosa gallica Complicata), dalle cromie della fioritura simile a quella dei meli. Quest’area movimentata da piccoli rilievi, che indifferentemente attraversano le pareti dell’edificio, con i suoi percorsi conduce alla corte esterna, fino alla zona pavimentata che avvolge lo specchio d’acqua. Lungo le stesse pareti composte di cilindri, è prevista la piantagione di alti rampicanti di clematidi rosa (Clematis armandii ‘Apple Blossom’).

Al terzo livello, il roof garden è caratterizzato dalle stesse specie erbacee perenni, tra cui si snodano sinuosamente percorsi e luoghi di relax; anche in questo spazio ritroviamo i rampicanti sempreverdi di clematidi che crescono appoggiandosi alla struttura delle pareti che caratterizzano il progetto.

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